Copywriter, copyrighty o copriwater?
Per l’ennesima volta, parlando del più e del meno con una persona che non vedevo da tempo, nel momento in cui rivelo di essere una copywriter, la reazione è la stessa:
occhi sbarrati con tanto di fumetto che esce dalla testa con un punto interrogativo gigante e la domanda: “copichè?!” (dai, poteva andarmi peggio… alcuni miei colleghi, in una situazione simile, si sono sentiti rispondere “copriwater?!”)
In quel momento ho realizzato che la professione del copywriter è ancora meno diffusa di quanto pensassi.
A confermare questa sensazione c’è stato l’amico Google…
Non solo, è una curiosità che a quanto pare emerge anche all’interno di qualche gruppo facebook…
E, se sei qui, immagino che sia per almeno uno di questi motivi:
Insomma, in altre parole, anche a te, in fondo, non è chiaro chi sia e cosa faccia questo benedetto copywriter.
In questo articolo andremo a capire esattamente questo.
Dal momento che ne ho fatti un po’ di corsi di copy e ho avuto modo di ascoltare un po’ di ‘campane diverse’ voglio aiutarti a trovare una quadra facendo una sintesi di ciò che puoi trovare in giro su questo argomento (con aggiunta un pizzico di mia esperienza personale come copy).
Ti piace l’idea?
Se stai ancora leggendo, capisco che sei con me. Quindi bando alle ciance, e partiamo snodando il primo punto: chi è un copywriter.
Ebbene sì, non è un social media manager, non è un ‘giornalista che non ce l’ha fatta’, non è uno scrittore, non è un blogger…
Se ti è stato venduto che fare il copywriter rientrasse in una delle cose che ti ho elencato, è comprensibile se hai un’espressione tipo questa…
Dico davvero.
In Italia, specie negli ultimi anni, sembrava che il copywriter fosse una di quelle professioni che stava iniziando a farsi strada (nonostante qualcuno capisse copriwater al posto di copywriter), ma la verità è che c’è così tanta confusione, che in molti casi anche chi si professa copy, non ha ben capito cosa faccia un copy.
Negli ultimi anni, nel pensiero comune ha iniziato a farsi strada un’equazione…
Scrivo = sono un copywriter.
Fine.
Insomma, saper impugnare una penna o digitare i tasti di una tastiera, secondo molti sono il lasciapassare per poter scrivere anche loro su Linkedin ‘sono un copywriter’.
Peccato che questa convinzione dannosa (tra poco capirai il perchè) ha recato un danno al mercato. Vuoi sapere come?
Si sono abbassate le soglie d’ingresso: quando una cosa viene ritenuta di facile accesso, della serie ‘basta saper scrivere’ arrivano tutti quelli che vogliono invertire la curva sforzo-risultati, ossia quelli che vogliono tanti risultati… ma con pochi sforzi.
Se poi, queste persone, non si fermano a scrivere su Linkedin ‘sono un copywriter’, ma iniziano anche a proporsi creando malcontenti, nel giro di un periodo di tempo medio-breve si creeranno dei falsi miti che sarà difficile sradicare.
Non solo…
Se già i copywriter stessi avevano crisi d’identità, la confusione dovuta al non sapere chi sia un copywriter, ha provocato danni anche su coloro che hanno bisogno di un copywriter.
Se ti fai male un ginocchio sai da chi andare: dall’ortopedico. Se ti fa male un dente, vai dal dentista. Se ti fa male la schiena, dal fisioterapista.
Insomma… Ogni parte del corpo ha il suo specialista di riferimento e questo ti permette di sapere in modo esatto da chi andare.
Se ci pensi, fa ridere immaginare la scena del paziente che arriva dal dentista e alla domanda “dov’è che hai male?” il paziente risponde “alla rotula destra”… Eppure nel copy oggi funziona così.
In assenza di specialisti, e siccome i clienti non sono stati istruiti nel capire qual è lo specialista a cui devono rivolgersi in funzione del loro male, appena una persona ha la targhetta con su scritto ‘copywriter’, pensano di aver trovato il loro uomo.
Non solo…
Il marketing è un organismo in cui gli organi non funzionano in modo a sé stante, ma in modo olistico: se hai ad esempio un funnel e non ti preoccupi anche di impaginare il funnel (quindi grafica) e poi di spingere quel funnel dove c’è il tuo pubblico target (advertising), il copy da solo fa gran poco… molti professionisti oltre al copy si sono “specializzati” anche nella grafica, nell’adv e negli altri reparti…
Che se torniamo alla metafora di prima, è un po’ come dire, che siccome il cuore è collegato ai polmoni, mi specializzo in entrambe le cose.
Sono due organi così complessi, che richiedono una specializzazione tale, che finire per specializzarsi un po’ nel cuore e un po’ nei polmoni, finisci per non essere né un cardiologo né uno pneumologo.
La stessa cosa si verifica (ahimè) nel copy.
Capito chi NON è il copywriter, per capire perchè il copywriter è colui che possiede conoscenze di psicologia e di marketing, è necessario affrontare un altro discorso: quali sono le competenze per fare un buon copy.
Dicevamo che il copywriter è un esperto di vendita su carta che padroneggia il marketing e la psicologia, giusto?
Ecco, nel suo kit, queste sono le prime due competenze che non possono mancare.
Partiamo dalla prima: conoscere il mercato è fondamentale per reperire informazioni su cui scrivere. E più conosci il mercato, più le informazioni che puoi reperire saranno di valore.
Sia che tu scriva per vendere un prodotto, un servizio o per valorizzare un brand o un personal brand, devi conoscere in che modo ciò su cui stai scrivendo si muove all’interno della scacchiera.
Chi sono i competitor? In cosa si differenzia il prodotto o servizio? Qual è la strategia di vendita?
Ma poiché il mercato è composto da persone, che compiono azioni mosse da quelli che sono i loro bisogno e/o problemi da risolvere, non ti basta conoscere il mercato se vuoi scrivere dei pezzi che non siano finalizzati a regalare emozioni e a lasciarti cuoricini… quello che ti serve anche, è conoscere perchè le persone agiscono in un certo modo.
Ed ecco che entra in gioco l’altra competenza fondamentale: la psicologia.
N.B. Se non fosse chiaro non stiamo parlando della psicologia accademica, quella che insegnano all’università…
Se ti confonde la parola psicologia, sostituisci con questa parola: empatia.
Non so se lo sai, ma la parola ‘empatia’ deriva dal greco antico empátheia, a sua volta composta da en-, “dentro”, e pathos, “sofferenza o sentimento”, termine che veniva usato durante gli spettacoli teatrali per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l’autore-cantore al suo pubblico.
Prova a ripensare alle volte in cui sei riuscito ad entrare davvero in empatia con qualcuno: è probabile che il modo di rapportarti con quella persona è cambiato… perchè ‘semplicemente’ hai capito perché ha agito in quel modo.
E nel momento in cui acquisisci il potere di capire perché le persone che ti circondano agiscono in un determinato modo, hai automaticamente accesso ad una delle stanze più intime e proibite che sono dentro ad ognuno di noi: la stanza dei bottoni.
La stanza dei bottoni devi vederla come una cabina di comando di un aereo… mille bottoni che, se non si sanno leggere, non si ha la più pallida idea di cosa servano, ma quando impari a comprenderli sai esattamente quale premere al fine di provocare una determinata azione.
Quindi, tornando a noi, più tu impari a decodificare i bottoni all’interno della stanza, e a capire quando e perché si attivano, più saprai come e quali parole utilizzare per attivare i bottoni che ti interessa attivare.
Figo, ma troppo bello per essere vero?
Insomma… siccome non tutti sono dei copywriter, pensi che, se non fai questo lavoro, ti sia impossibile avere accesso a questa magica stanza?
In questo caso ho una buona notizia per te: non è così!
Questa stanza non è di accesso esclusivo ai copywriter. Anche tu puoi accedere.
… Come?
Questo te lo spiego nel prossimo paragrafo.
Ti va di sapere un’altra cosa che molti altri colleghi non dicono?
Tutti noi siamo copywriter.
Per tutti intendo proprio tutti, dalla signora Maria, al docente dell’università, all’operaio metalmeccanico.
Tutti loro, anche se non usano le parole per monetizzare, hanno in comune una cosa: ogni giorno usano le parole scritte e parlate per convincere le persone che incontrano a fare delle cose (oppure l’inverso: le persone che incontrano le utilizzano per fargli fare delle cose).
Che sia convincere il figlio a fare i compiti o la persona che è davanti a te in cassa a cederti il posto perché sei di fretta… il denominatore comune è che in base alle parole che usi e soprattutto a COME le usi, il risultato che ottieni cambia.
Pensa a quando cerchi di avere una chance di uscire con la persona che ti piace…
Ad un colloquio di lavoro in cui devi convincere chi sta dall’altra parte che TU sei la persona giusta, che sei esattamente quello che stanno cercando…
O quando vuoi convincere il tuo fidanzato a fare insieme quel corso di latino-americano che ti piace tanto, ma il suo sport preferito è il Fantacalcio (ne so qualcosa, ma di come sono riuscita a convincerlo te ne parlo in un altro articolo ;)).
Ti riconosci in alcune di queste situazioni?
Ognuna di queste può essere vista come una piccola trattativa.
Ogni volta che cerchi di convincere qualcuno di qualcosa, stai facendo una trattativa di vendita:
stai vendendo il tuo punto di vista. Stai portando la persona dalla tua parte.
Ora…
Prima di venderti come una specie di Mangiafuoco che governa i fili che portano le persone ad agire, continua a leggere, perché non è di questo che stiamo parlando.
Se le volte che hai sentito la parola ‘trattativa’ è stato per fini commerciali, mi rendo conto che sentirla associata a contesti più personali possa portarti a generare un’espressione tipo questa…
Ovviamente non sto mettendo sullo stesso piano le due tipologie di trattative, ma dal momento che entriamo in un argomento alquanto delicato, che richiede un articolo ad hoc, preferisco parlartene in un’altra occasione.
Quello che mi interessa lasciarti riguardo questo concetto è che, sia che tu stia facendo una trattativa commerciale, sia che tu stia assemblando le parole per convincere tuo figlio a fare i compiti, il risultato non cambia: il tuo obiettivo è convincere l’altra persona, e gran parte del risultato dipenderà da due cose: da quali parole usi, e da come le usi.
Concordi?
Se fai un salto nel passato, e ripensi a quella volta in cui sei stato interrogato con un tuo compagno, e nonostante tu avessi studiato di più, lui ha comunque preso un voto più alto… è molto probabile che (salvo che l’insegnante non avesse favoritismi), il tuo compagno è riuscito ad usare le parole meglio di te, ergo: a vendere all’insegnante la percezione di essere più preparato di te.
È giusto? È sbagliato?
Non siamo qui a fare filosofia, e la verità è che, a prescindere che questo ci piaccia o meno, sono le parole che usiamo e che ascoltiamo che governano le nostre scelte (comprese quelle di acquisto).
Ecco perchè TUTTI, sotto sotto, nasciamo già come dei piccoli copywriter.
La domanda a questo punto è se crescendo la scelta diventa voler rimanere piccoli, o diventare grandi?
A prescindere da ciò che decidi, ciò che è importante che tu comprenda alla fine di questo articolo, è che il mondo non si divide in ‘copywriter’ e in ‘non copywriter’, ma in persone che sanno quali parole usare, come usarle e quando usarle, e persone che usano le parole come se fosse una roulette russa… sperando di non sparare a qualcuno o di non essere colpiti da una pallottola.
Le parole (e il copywriting di conseguenza) non sono quindi buone o cattive di natura, sono semplicemente un’arma, e come con un pistola puoi scegliere se usarla per uccidere o per difenderti. Con le parole puoi fare lo stesso.
Ecco perché il copywriter non è un semplice scribacchino, ma un professionista che sa come usare le sue armi e che decide di utilizzarle per difendere le persone dai manipolatori, aiutandole a raggiungere i loro obiettivi portandole a trovare la soluzione migliore a partire dalla propria situazione attuale.
La domanda a questo punto rimane solo una: tu che copywriter vuoi essere?
Se sei arrivato fino a questo punto e mi hai dedicato il tempo per arrivarci, sarebbe un peccato salutarci adesso, non credi?
Scrivimi qui sotto qual è la tua visione riguardo ciò che vuol dire essere un copywriter e, se ti va, scrivimi qual è stato il concetto che hai trovato in questo articolo che ti ha colpito di più.
Alla prossima,